giovedì 6 ottobre 2011

UN BICER DE DALMATO - CRONISTORIA DELLA LEGGENDARIA OSTERIA "AL PAPPAGALLO" DI TRIESTE




Le antiche osterie triestine erano un tempo dei luoghi di ritrovo, e non solo squallidi bettoloni per avvinazzati. In queste osterie, ci si raccontavano storie e si commentavano gli argomenti del giorno, sia quelli personali che collettivi. Da questi discorsi che scaturivano tra una bevuta e l'altra, venivano presi i fatti più particolari ed interessanti per poi venir tramandati nel tempo dai cantastorie di passaggio, come Paolo Razza detto "l'orbo"! Quest'ultimo, ex operaio dell'ex cantiere San Marco e riparatore di armoniche diatoniche, strumento tipico triestino, allora molto diffuso. Paolo Razza, ad esempio, rese celebre la canzone dedicata dal popolo ad Antonio Freno.

La più famosa osteria triestina fu, a cavallo tra gli ultimi due decenni dell'800 ed i primi del '900, l'antica trattoria-osteria "del Dalmata", gestita appunto da due dalmati, a partire dagli inizi del 1880. Essa, fino alla prima metà degli anni trenta, si trovava ubicata in Via dei Capitelli, al num.4, subito all'inizio, sul lato sinistro scendendo da Piazzetta Barbacan.
Bisogna precisare che alla fine dell'800, la Via dei Capitelli era una bella via di tutto rispetto, con numerose case patrizie. Solo verso la prima metà del '900 iniziò un lento, ma inesorabile declino, dovuto alla vetustà ed al relativo spopolamento della Cittavecchia, e dal proliferare delle numerose case di tolleranza, tra cui la famosa casa detta "La Francese" (di cui già ne parlai qui: Cliche qua... ma no ghe xe sporchezi, solo storia   ).



Dentro l'osteria, l'ambiente era un misto di rustico e spartano, ma senza la decadente sporcizia dei bettoloni di quarto grado, citati all'inizio di questo scritto.
L'entrata era costituita da una piccola porticina di legno a due ante, con vicino due finestrelle. La porticina era alta sì e no uno scarsissimo metro e 60. Una seconda entrata di servizio, invece, si trovava nel cortile interno... una porticina minuscola che sbucava subito dietro Androna della Pergola.

(Cliccando sul pupolo, potete visualizzare in grande la porticina d'accesso, così come si presentava a fine'800):



Subito all'entrata, scese tre piccole scalette di legno, si entrava in un ambiente diviso in due piccole stanze, con nel mezzo un muro divisore. Sul lato destro dell'entrata c'erano il bancone ed un cucinino. Di fronte i tavoli rettangolari con panche e seggiolini di legno grezzo. Il pavimento era composto da lastroni di pietra calcarea del carso, ricoperti da tavole in legno. Di sera l'illuminazione era garantita da due beccucci a gas.
In tale osteria si potevano degustare degli ottimi vini, quasi tutti di provenienza dalmata, tra cui la specialità della casa: un Opollo di Lissa che più buono non si poteva!!
Un giorno leggendario, nel 1885, entrò un'allegra compagnia di gentlemen per bersi "un litro de quel bon".
La compagnia era formata dagli scultori Rendich e Taddio, dall'avvocato Camber ed Ettore Dell'Acqua, nipote del celebre pittore. Poi c'era anche il tipografo Augusto Levi.
Visto che il vino era buonissimo, questi signori decisero di fare dell'osteria il loro quartier generale di ritrovo. Cambiarono il nome alla stessa, denominandola scherzosamente Osteria "Al Pappagallo". Loro stessi si autodefinirono "Tribù dei Papagai". Dando così vita ad una celebre compagnia di "matarane" (mattacchioni) che combinò nel tempo tutta una serie di scherzi e di trovate al limite dell'assurdo più completo.... questo era il Vero MORBIN, a Trieste. Quando, in tempi di mancanza di tv, computer, stereo, radio, ecc.. (tutte cose che sarebbero state inventate tantissimi decenni più tardi), si ovviava alla noia nel tempo libero, prendendo a pretesto qualsiasi cosa potesse far suscitare ilarità ed un minimo momento di sana, autentica.... direi PATOCA allegria!

(Qui sotto una mia interpretazione di com'era l'osteria al suo interno nel primo '900, con l'allegra brigata detta "Tribù dei Papagai... cliccando sul pupolo, potete vederlo in grande):


                                                                                                                                                         

A questa compagnia, pochissimo dopo si unì un altro storico avventore, anch'egli di origine dalmata; il famoso compositore Franz von Suppé, che a Trieste era di casa. Suppé, non si faceva mai mancare, nei suoi soggiorni triestini, una capatina all'Osteria Al Pappagallo. Soprattutto dopo aver fatto conoscenza della Tribù dei Papagai, divenendone egli stesso membro attivissimo. (  clichè qui per la biografia de Suppé )
Gli scherzacci dell'allegra brigata, vennero denominati "papagalade".

Nella foto sottostante, il compositore Franz von Suppé:


La prima papagalada, fu l'istituzione, all'interno dello stesso locale, del "Museo Umoristico permanente". Tale museo umoristico riscosse notevole successo, estendendo a quasi tutta la città la fama del locale, rendendolo di fatto "eterno".
La seconda papagalada fu una strampalatissima festa nella Villa Murat (uno degli ultimi baluardi napoleonici dell'inzio '800, allorquando Trieste fu per un periodo sotto dominazione francese). La villa fu affittata per un'intera serata, e addobbata in stile "pappagallesco". Il ballo doveva simboleggiare un'unione fra le varie classi sociali cittadine, così per l'occasione fu imposto agli uomini di intervenire in abito… misto: frac, sparato bianco, collo e cravatta alla «scartozzeto» (impiegato), «rasca» e «papuzze» (berretto a visiera e pantofole friulane) con facoltà di usare il cilindro, ma in questo caso il portatore doveva calzare scarpe da montagna (crovatini).
Tale ballo fu un successo senza precedenti, ed il "casin" (inteso, ovviamente, come rumore) si sentì fino a Punta Sdobba!!!!

Tante, poi, furono negli anni le papagalade, e tanti motivi popolari nacquero all'interno della stessa osteria, come la "Flon-Flon" (meglio nota, ancor oggi, come "Ai Bai tu me la darai", e dedicata alla Flon-Flon, nota prostituta dell'epoca), o i primissimi versi de "El Tran de Opcina".

Tanti furono gli artisti ed intellettuali che si susseguirono senza sosta, nel locale. Tra questi, vi fu anche Ettore Schmitz, alias Italo Svevo, che assieme al suo insegnante di inglese James Joyce, era solito passare una volta alla settimana per bere il buon Opollo assieme allo stesso Joyce.
In questi stessi ambienti, numerosi furono anche i cantanti d'opera, professionisti o semplicemente improvvisati. Ma anche tantissimi coristi del Teatro Verdi, vogliosi di far sapere agli avventori ed alla gente che pure loro erano in grado di cantare bene come i tenori ed i baritoni d'opera.

Qui sotto, l'osteria nel 1932, da me pupolata in alcune vignette semiserie, in stile Disneyan-patoco:

                                                                                                                                                       

                                                                                                                                                       
                                                                                                                                                       

                                                                                                                                                       


Già però nel 1908, l'osteria subì un notevole cambiamento con il restauro completo che stravolse gran parte del locale, rendendolo quasi un posto chic, alla moda insomma. Così, alcuni membri decisero di trasferirsi altrove, come all'osteria "Alla bella America" di Via Crosada 13.
Da questo restauro, iniziò il declino dell'osteria. All'inizio degli anni trenta c'erano ancora dei "Papagai" dediti alle papagalade... ma erano solo degli avvinazzati di bassa categoria, che dopo magari aver frequentato qualche ora nei bordelli vicini, andavano ad ubriacarsi di brutto, rendendo l'osteria un luogo poco raccomandabile. Difatti, verso l'inizio dei lavori del piano regolatore di Cittavecchia, iniziati nel 1935, l'osteria chiuse i battenti per sempre!
Fino alla chiusura della via, agli inizi degli anni '90, era possibile vedere ancora l'ingresso e le due finestrelle. Ingresso con le doppie ante chiuse con un catenaccio, posto su un legno oramai marcio e rinsecchito. Lo stesso stabile era mezzo crollato, in stato di totale abbandono. Subito sopra l'ingresso, sempre fino alla partenza dei lavori di restauro del progetto Urban dei primi anni 2000, si poteva vedere dipinta sul muro una scritta in francese, "Poissonnerie" contornata da due crostacei. Era una scritta in stile antico, ma falsissima, apposta (assieme ad altre nei dintorni) alla fine degli anni '60 da una troupe cinematografica che volle ricreare tra quelle viuzze abbandonate l'ambientazione di un quartiere di Marsiglia.
L'edificio è stato recentemente restaurato, senza lasciar più traccia dell'antica osteria, divenendo così un moderno palazzo (dalla discutibile archittetura, considerato il luogo storico), atto ad ospitare comunità di studenti.


                                                                                                                                                          
Qui in basso, una prima foto risalente agli anni 20, che ci mostra l'osteria Al Pappagallo... quella sulla destra, al centro della foto (la porticina e le due finestrelle)... la foto più sotto, l'osteria oramai in stato di totale abbandono, negli anni '80:

                                                                                                                                                          

Ritornando alla canzone popolare "Un bicer de Dalmato", faccio notare che esiste anche una versione (in lingua italiana) incisa dal grande cantante francese (ma di origini italiane) Yves Montand!
Qui di seguito, vi propongo un pupolo + il testo della canzone "Un bicer de dalmato" (come sempre, cliccateci sopra per visualizzarlo in grande), raffigurante il solito Paolin Paperin patoco (lo trovate qui: clichè sora sto link per Paolin Paperin   e qui:  clichè anca qui, se ve par  ). Sotto ad esso, un mio videoslide, composto in parte da alcuni miei "pupoli" semiseri in tema, dove possiamo ascoltare una bella interpretazione da parte di Lorenzo Pilat, del noto pezzo popolare (nato proprio tra le mura dell'osteria raccontata sin qui) "Un bicer de Dalmato"... buon ascolto, e alla prossima mularia mata!


    René






6 commenti:

Anonimo ha detto...

Grazie !
Sono innamorato della Triestinità e orgoglioso di esserlo e dopo 45 anni ancora scopro cose belle come questa. Di nuovo grazie.
Toni Talian

salvatore cicala ha detto...

i me ga dito che sta famosa Flon flon iera una donna grassa con un bel viso,e che da ela se ga comincià a ciamar Flon Flon le donne grasse.

salvatore cicala ha detto...

Sembra che sta Flon Flon fossi una donna grassa con un bel viso,e da quella volta che le donne grasse se ciama Flon Flon!

René ha detto...

Bonasera, sior Cicala. La pol trovar el post sula Flon Flon clicando diretamente proprio sula scrita "Flon-Flon", che la pol trovar in tel'elenco alfabetico sula destra, indove xe scrito in grasseto ETICHETTE. Po, clicà sora "Flon-Flon", ghe se verzerà el post co' la storia de sta... donina alegra, che per via de la sua flaida la ga ispirà sto neologismo triestin (vestirse ala flon-flon) :)

Un saludon, e grazie mile perché la me segui sempre costantemente fin dai inizi de sto blog (oramai xe più de quatro anni). :)

Anonimo ha detto...

Grazie bellissima questa pagina, volevo chiedere la mia nonna che aveva la sorella che stava in via del fico, ci parlava di in antica osteria malfamata ,che si chiamava baldassarre diceva cheera frequentata da malfamati.volevo sapere se esisteva questa osteria e dove?

li in cavana grazie.

Anonimo ha detto...

Grazie per questa bella pagina, volevo chiedere, mia nonna avevala sorella che abitava in via del fico vicino piazza barbacan, racontava di una osteria antica che si chiamava baldassarre era molto malfamata frequentata da balordi e altro,volevo sapere se in realtà esisteva questa osteria e dove?grazie Ashandy.

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